Storia
L’Istituto di Istruzione Superiore T.C.G. “Don Gavino Pes” nasce nell’anno scolastico 2012/2013 dall’aggregazione di tre distinte scuole, operanti da tempo nel territorio di Tempio - Calangianus: ITGC di Tempio, IPIA di Calangianus e ITI di Tempio. Nasce così un unico Polo Tecnico Professionale. Nell’anno scolastico 2013/2014, in seguito alle operazioni di ridimensionamento della rete scolastica, all’I.I.S. si aggiunge anche la sede dell’ ITE di Valledoria.
L’Istituto Professionale per l’Industria e l’Artigianato di Calangianus nasce il 1 settembre del 1960. Nel gennaio del 1961 la scuola cambia denominazione acquisendo il nome di IPSIA ”Nicolò Ferracciu”, tuttora vigente. Nell’anno scolastico 1961-1962 a Calangianus si avvia il corso “Aggiustatore Meccanico” mentre ad Aggius quello di “Tessitrice Artigiana del Tappeto”, trasferito in seguito presso la sede centrale e rimasto attivo sino a metà degli anni 80. L’A.S. 1983/84 apre la sezione Operatore Chimico Biologico”. Dal 1975/76, presso la sede di Calangianus, i corsi di qualifica sono stati completati con il “biennio post-qualifica.” Dal 1992 il corso di “aggiustatore Meccanico prende il nome di Operatore meccanico, nell’anno scolastico 2010/2011 in seguito alla riforma si attivano i corsi “Manutenzione Assistenza Tecnica e Produzioni Industriali.
L’Istituto Tecnico Industriale nasce a Tempio nell’anno scolastico 1984/85 con due classi come biennio. Nel 1986 viene istituito il triennio di specializzazione con indirizzo “Elettronica Industriale” Nel 1994 l’istituto Tecnico Industriale di Tempio Pausania, già sezione staccata di Sassari, viene associato al “Nicolò Ferracciu” . Nel 1992 il ministero della Pubblica Istruzione ne modifica l’indirizzo denominandolo “Elettronica e Telecomunicazione”. Dal a.s. 2011/2102 al Tecnico Industriale con la nuova riforma sono attivi due nuovi indirizzi “Informatica e Telecomunicazioni” e “ Elettronica ed Elettrotecnica”.
L’Istituto Tecnico Commerciale e per Geometri di Tempio nasce nel 1958 come sezione staccata dell’I.T.C. di Sassari sotto la guida della vice-preside, prof.ssa Giuseppina Manca. L’anno successivo, 1959/60, l’Istituto diventa succursale dell’I.T.C. di Olbia. Il 1° ottobre 1961 l’Istituto diventa autonomo, dà inizio a corsi regolari per ragionieri e geometri e si trasferisce nei locali dell’ex ospedale civile. Nell’anno 1962-63, dopo il collocamento a riposo della Preside Manca, subentra alla dirigenza dell’Istituto il Preside Angelo Abeltino che intitola la scuola al poeta tempiese del ’700 Don Gavino Pes. Dal 1965 il corso geometri si trasferisce nei locali dell’attuale istituto, seguito a qualche anno di distanza dalle più numerose sezioni del corso ragionieri. Nel 2011/2012 in seguito alla riforma vengono attivati i nuovi corsi “Costruzioni, Ambiente e Territorio” (ex Corso Geometri) e “Amministrazione, Finanza e Marketing” ( ex Corso Ragionieri).
CURIOSITA’
Nicolò Ferracciu: Avvocato, docente di diritto e uomo politico. Nacque a Calangianus nel 1819. Docente di diritto presso l'università di Sassari, fu deputato nella Camera subalpina e nazionale per quattordici legislature, dal 1849 al 1890, acquisendo il titolo di decano. Si schierò con la sinistra. Fu ministro della Marina con Depretis nel 1878- 1879, ministro di Grazia e giustizia con lo stesso Depretis, nel 1884. Fu per un lungo periodo anche vicepresidente della camera. Si occupò attivamente dei problemi della Sardegna; sono rimaste famose le sue interpellanze del 1852, sullo stato d'assedio a Sassari e provincia, e del 1885, sullo stato d'assedio a Oschiri. Fu membro della commissione parlamentare d'inchiesta sulle condizioni della Sardegna presieduta dal Depretis nel 1868-1871. Morì a Roma nel 1892.
Don Gavino Pes (Don Baignu): nacque a Tempio il 31 luglio 1724. I genitori Antonio e Maddalena Sanna erano nobili persone ed ebbero altri sette figli che educarono con grande dedizione per farne onesti cittadini. Il padre voleva che Gavino seguisse le sue orme diventando un buon avvocato, ma l’educazione ricevuta dal canonico Diego Ferrau gli prospettò la possibilità di farsi prete. Don Baignu frequentò a Tempio il collegio degli Scolopi dove apprese le Lettere Umane. Subito dopo si dedicò agli studi di Teologia che superò con buoni risultati. Il corso degli studi si concluse con l’ordinazione sacerdotale che gli permise di dedicarsi quasi totalmente alla poesia. Lo studio dei libri poetici impegnò la sua giovinezza ed una parte della sua età matura. Tale dedizione poetica gli fu possibile grazie al reddito di un beneficio semplice e perché ottenne una grossa pensione ecclesiastica da un canonicato di Cagliari al quale aveva rinunciato suo zio paterno Don Antonio Francesco Pes. Le sue poesie, il cui tema era la bellezza, il piacere e l’amore, erano ispirate dal gentil sesso. Dettate tutte in dialetto gallurese, vi si scorge una tenerezza, una delicatezza di sentimento ed una spontaneità tale di verso che rapisce nell’ascoltarle. A ciò contribuisce l’armonia e la gentilezza della lingua svelta, vivace ed espressiva. Il primo periodo della vita di Don Baignu (giovinezza e prima maturità) è sprecata nel sollazzo peccaminoso dominato dall’Eros e le poesie sono per la maggior parte amorose. Il trovatore gallurese canta i vari casi d’amore, le passioni, le dolcezze, le paci degli amanti e cantando i casi altrui narra anche i propri. Il secondo periodo (vecchiaia) è dominato invece da Thanatos (Morte) e la produzione poetica si eleva in ogni senso: per spessore e validità di contenuti, per forma lucida ed ispirata e per lirismo quasi sempre alto e nobile. Gli anni passarono amando e poetando finché fra questi bei sogni e follie il poeta si ritrovò giunto alla vecchiaia dove scrisse canzoni che sono meritatamente ritenute le sue produzioni migliori e in cui troviamo gli errori passati sanati dal pentimento e da una speranza di vita migliore.
No si poni resistì
"No si poni resistì Chisti dui estremi folti:
Lu 'idetti è la mè molti, Lu no videtti è murì."
Lu Tempu
"Palchì no torri, di', tempu passatu? Palchì no torri di', tempu paldutu? Torra alta 'olta, torta a fatti meu, tempu impultanti, tempu priziosu, tempu, chi vali tantu cant'è Deu par un cori ben fattu e viltuosu. Troppu a distempu, tempu caro, arreu a cunniscitti, oh pesu aguniosu! Cantu utilosu mi saristi sta tu, tempu, haènditi a tempu cunnisciutu! Tempu, ch'in un cuntinu muimentu poni tutta la to' stabbilitai, chi la to' chietù, lu to' assentu cunsisti in no istà chietu mai, ritruzzedi pal me ch'era ditentu, candu passesti, da un sonnu grai: Ah! Si tuffai, tempu malgastatu, chi bè, chi t'haarìa ripaltutu! Tempu, chi sempri in ghjusta prupulzioni di lu to' motu in ghjru andi a la sfera, n'hagghj di me, ti precu, cumpassioni, ritorrami a prinzipiu di carrera; di l'anni mei l'ultima stasgioni cunveltil'alta 'olta in primmaera. L'esse lu ch'era a me sarà nicatu, ch'insensibili tanti hani uttinutu? L'alburu tristu senza fiori e frondi, vinendi magghju, acchista frondi e fiori: a campu siccu tandu currispondi un beddhu traciu d'allegri culori; supelvu salta d'invarru li spondi riu d'istìu poaru d'umori: e l'anticu vigori rinuatu no sarà mai in un omu canutu? . La salpi 'ecchja chidd'antichi spoddhi lassa, e si 'esti li so' primi gali; da li cìnnari friti, in chi si scioddhi, chiddha famosa ceddha orientali rinasci, e tantu spiritu rigoddhi, ch'agili come prima batti l'ali: e l'animu immultali rifulmatu no vidarà lu so' colpu abbattutu? La notti è pal vinè, la dì s'imbruna candu lu soli mori in occidenti; a luci poi torTa tutt'in una candu rinasci allegro in orienti: e la sureddha, la candida luna, da li mancanti torTa a li criscenti: e un omu cadenti in chiddhu statu no de' turrà, da undi è dicadutu? Tempu dispriziatu, torTa abali, c'hagghju di ca sé' tu cunniscimentu; Torr'ogghj chi cunnoscu cantu 'ali, chi pruarè tutt'altu trattamentu. Ah! D'haetti trattatu tantu mali, no possu ditti cantu mi ni pentu! Cunniscimentu, a cantu si' taldatu! A passi troppu lenti sé' inutu! No timì, tempu meu, d'impriatti in bassi e falsi immagghjnazioni, in fa' teli di ragni, o in chiddhi fatti cuntrari a lu bon sensu, a la rasgioni, in chimeri, in dillirii, in disbaratti, muttìi di la me' paldizloni. N'haggi cumpassioni, tempu amatu, d'un cori afflittu, confusu e pintutu. Di dugna stanti toiu apprufittà voddhu, senza passacci ora oziosa: nè pensu più palditti in cilibrà li grazii, li primori d'una rosa, ch'in brei in brei a cunnisci si dà cantu è vana, caduca, e ispinosa. Dulurosa mimoria, ch'ispu:ddhatu m'hai di gusti, e di peni 'istutu! Si cuminiciàa di nou a viì, dia usà diffarenti ecunumia: nè palticula mancu di la dì, senza imprialla bè', passacci dia: chi ben pruistu, innanzi di muri, pa l'ultimu 'iagghju mi saria. Oh alligria! Oh tre volti biatu, tempu, candu da te fussi attindutu!"